In un piccolo paese dell?entroterra sardo, nel Campidanese, le vite degli abitanti procedono senza troppe scosse, riparate dai muri grigi delle case rimodernate con blocchetti di cemento e arrese alle monocolture di carciofi e biomasse. Un paese ?perduto?, con le erbacce nei giardini e senza più vocazione, che si è arenato su una secca e dimenticato del mondo che lo circonda. Finché non arrivano ?gli invasori?: una manciata di migranti che vengono da lontano e di volontari che li accompagnano, destinati a sistemarsi nel Rudere, una casa abbandonata con le finestre sgangherate aperte sulle colline. Lo sconcerto assale tutti, paesani e invasori: ?Non era questo il posto?, si ripetono da entrambe le parti ? l?una spaventata da quella novità indecifrabile piovuta all?improvviso da chissà dove, l?altra catapultata in quel ?corno di forca di paesino sardo? dove i treni non si fermano più. Ma la vita, anche quando sembra scivolare nell?insensatezza, è sempre aperta al futuro, è sempre un ?fare, disfare e rifare?. E se nel tempo imprevedibilmente gentile di quello strano consorzio umano gli orti tornano a germogliare, il Rudere a popolarsi, le emozioni a dilagare, qualche traccia di nuovo resterà comunque a cambiare i colori delle cose.